A Ragusa esiste un gigante sospeso che unisce due mondi

A Ragusa, il Ponte Papa Giovanni XXIII unisce due mondi divisi per secoli, simbolo di rinascita e di equilibrio tra storia e modernità.

28 dicembre 2025 15:00
A Ragusa esiste un gigante sospeso che unisce due mondi - Foto: Sal73x/Wikipedia
Foto: Sal73x/Wikipedia
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Chi arriva a Ragusa per la prima volta rimane colpito da un panorama che sembra disegnato. Tra colline scoscese, valloni profondi e palazzi arroccati, improvvisamente appare una struttura che sfida il vuoto: il Ponte Papa Giovanni XXIII. È un’opera che non si limita a collegare due quartieri, ma racconta la capacità di una città di reinventarsi senza dimenticare la propria identità.

Un ponte che ha cambiato il volto della città

Costruito negli anni Cinquanta, in pieno dopoguerra, il ponte fu un gesto di fiducia verso il futuro. Collegava Ragusa Superiore e Ragusa Ibla, separati da un profondo burrone che per secoli aveva diviso la città in due mondi.
Realizzato con una struttura in cemento armato e acciaio, divenne subito un simbolo di modernità per l’intera provincia. Con i suoi 220 metri di lunghezza e i 40 metri di altezza, il ponte sembrava quasi una linea sospesa tra cielo e terra, capace di cambiare la geografia urbana e mentale di Ragusa.
Non fu solo un’opera ingegneristica, ma un modo per dire che il passato e il presente potevano convivere: da una parte i vicoli barocchi di Ibla, dall’altra la Ragusa moderna, aperta al mondo e pronta a crescere.

L’identità in equilibrio tra storia e innovazione

Intitolato nel 1964 a Papa Giovanni XXIII, il “Papa buono” amato da milioni di persone, il ponte è oggi parte integrante della vita quotidiana dei ragusani. Migliaia di auto lo attraversano ogni giorno, ma pochi si fermano a osservare il panorama che regala: una vista ampia sui canyon sottostanti e sulle case che si arrampicano sulla roccia.
Durante la notte, illuminato dai lampioni, il ponte diventa una lama di luce che attraversa il buio della vallata. È un’immagine potente, quasi poetica, che racconta meglio di qualsiasi parola il legame tra l’uomo e la sua terra.

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